lunedì 13 marzo 2017

Virtuale da vivere


Dopo l'ultima lezione del prof. Saggio (lascio come sempre il link diretto http://www.arc1.uniroma1.it/saggio/Didattica/Cad/2017/LEZ/3/index.htm) ho iniziato a riflettere e a viaggiare (o vaneggiare) con la mente e a pensare all'interazione tra informazione, comunicazione e atto pratico del fare architettura e vendere architettura.

Alla fine della lezione avevo in testa una domanda ricorrente: come si vendeva prima? Mi spiego meglio... quando passo davanti a un cantiere trovo sempre i dettagli della vendita prima del getto di fondazione. Immagini realistiche (lo saranno davvero poi? speriamo di sì) di appartamenti o uffici o locali di qualsivoglia natura, che si mostrano in tutta la loro realtà virtuale, divani compresi.



Il compratore si affida a un'immagine, pressoché realistica, di un bene che compra in potenza, IN-FORMAZIONE. Così mi son chiesta e ho chiesto poi, ma prima dei render cosa si comprava?
La risposta è stata inaspettata, ma logica: un'immagine. Non di un render ma di una pianta.

A questo punto ho immaginato che il futuro ci riservi lo stesso trattamento, supportato semplicemente da tecnologie più avanzate, che permettano di avere sempre maggiori informazioni.
Risposta esatta. Questo articolo  fa chiarezza su quello che ci si aspetta, ipotizzando livelli di innovazione nei prossimi cinque anni che mi domando se siano utopistici o meno, pensati per il nostro Paese in quel breve lasso di tempo.

Il fondatore di Arch Virtual, Jon Brouchoud, parla non a caso di uno strumento (un casco) che permetta non solo di vedere una realtà virtuale (come il render) ma di viverla, in quella ricerca sempre più indirizzata verso un mondo interattivo e accessibile a tutti.
Cito il prof. Saggio, che in un suo interessante articolo sull'argomento, L'interattività al centro della ricerca architettonica d'avanguardia, scrive: "l'interattività pone al centro il soggetto (variabilità, riconfigurabilità, personalizzazione) invece dell'assolutezza dell'oggetto (serialità, standardizzazione, duplicazione)" [rimando a un mio post precedente che analizza con i prodotti IKEA proprio questa tendenza di mercato alla personalizzazione]

Mi incuriosisce come l'informazione chiami informazioni sempre più dettagliate, come l'evoluzione tecnologica spinga verso uno sviluppo sempre più tecnico e specifico, con un target sempre più alto, ma che poi invece ha l'obiettivo di interagire con tutti, perché tutti vogliamo esserci dentro.



L'immaginazione è sempre più immagine, è sempre più reale, seppur virtuale.
Se non vediamo non crediamo, se non ci siamo non esistiamo e non a caso siamo in un'era dei social sempre più legati a immagini che a parole.

Tanto che Facebook sta sviluppando la possibilità di scattare dei selfie in realtà virtuale, permettendo come dimostra questa simulazione di scattarsi un selfie a Londra comodamente da casa.
O in montagna.



Quindi, chissà che tra 10 anni non solo potrai entrare nella tua nuova casa ancora non costruita, ma magari potrai vederti ai fornelli mentre prepari gli gnocchi del giovedì.



domenica 12 marzo 2017

La domenica all'ikea.


Qualche giorno fa, dopo una prima lezione sul concetto di informazione, tramite una serie di teoremi e successive verifiche, ne abbiamo analizzato il ruolo strutturale, legato a un concetto marxiano che associava questo termine a un ruolo produttivo.Rimando alla lezione del professor Saggio per averne un'idea generale ("Il ruolo strutturale della Informazione") e arrivo direttamente alla riflessione sulla produzione attuale e sulla crescente standardizzazione e successiva tendenza all'overchoice, all'iper-soggettivizzazione.



E questa cosa mi ha fatta riflettere... soprattutto in un momento della mia vita in cui mi ritrovo a comprare un tavolino e la vernice spray nella stessa ora.
[Allego una testimonianza fotografica sperando che la mia padrona di casa apprezzi la nuova sfumatura rosea del balcone.]
Ho realizzato quindi che io faccio esattamente parte di questa tendenza, come attuale possidente perlopiù di mobili ikea e vestiti di grandi brand low-cost.




A questo punto ho fatto un po' di ricerche e a differenza del "caso Freitag" di cui parla il professore, Ikea non propone nessun tipo di personalizzazione dei suoi prodotti. Strano, ho pensato. Ikea evidentemente funziona proprio per la sua standardizzazione, nella ricerca di uno standard medio di qualità e design (e conseguentemente di prezzo) che risponda alle richieste di un cliente medio.

Ho fatto altre ricerche e ho trovato un articolo che rispondeva al mio "strano": La nuova tendenza del design? Personalizzare mobili Ikea. Nell'articolo sono citati una serie di produttori che puntano sul modificare e integrare gli articoli Ikea e alla ricerca di quella soggettivizzazione del prodotto di cui parlavamo in precedenza. Facciamo un esempio pratico, il sito Bemz, che proprio nella sua home urla il suo "motivo d'esistere": PERSONALISE YOUR IKEA FURNITURE WITH A BEMZ COVER.
Andiamo più nello specifico:  per un divano IKEA EKTORP  a 3 posti, il cui prezzo varia tra i 299€ e i 399€ a seconda del colore, ti viene proposta dalla Bemz una cover che si aggira tra lo stesso prezzo del divano (per il più modesto) fino ad arrivare al doppio del suo valore (Michele Boroni nel suo articolo parla di cifre ancora superiori per prodotti di designer "cool"). Il che vorrebbe dire che andresti a pagare un copridivano quanto il divano stesso se non di più o in extremis il doppio. Epico. Che sarebbe come dire che paghi la cover del tuo cellulare più del tuo cellulare. Curioso.

Ma la Bemz non è l'unica, man mano si son sviluppati e si sviluppano ancora una serie di produttori specializzati proprio nella ricerca dell'overchoice associata ai prodotti IKEA, come la Pretty Pegs che ha una sezione dedicata proprio al brand svedese.

C'è poi un'intera comunità che si è sviluppata nel tempo ma è partita da un blog datato 2006 ad opera di una 37enne pubblicitaria malese Mei Mei Yap, che è poi diventato un vero e proprio movimento, quello degli IKEA Hackers, che ad oggi propone e raccoglie idee originali accessibili a tutti.

In questo mare di informazioni l'unica certezza è che l'Ikea la domenica è roba per stomaci forti.
E allora, buona domenica a tutti.

giovedì 9 marzo 2017

Prime riflessioni...

Sono uscita da queste prime lezioni del corso del prof. Antonino Saggio con mille domande per la testa, un po' confusa e molto incuriosita.

La primissima riflessione sul concetto di modernità come stato tensionale atemporale e non cronologicamente stabilito da una data convenzionalmente adottata, ha sbaragliato tutte le certezze didatticamente apprese in precedenza; un concetto di stato tensionale che un po' per definizione porta a una rottura o perlomeno a una deformazione, a una crisi e quindi a un qualcosa che in qualche modo debba essere modificato.

Nell'immaginario comune moderno è opposto all'antico (vedi anche la definizione del Treccani), sono temporalmente consequenziali e a seconda dell'interpretazione storica e personale spesso uno dei due ha un giudizio di valore positivo e uno negativo, in una costante lotta che forse non ha senso d'esistere.
Quando sono comparsi gli ebook sentivo spesso dire da qualcuno che il vero libro è quello di carta, quello che puoi sfogliare, quello che senti tra le mani, quello che puoi odorare. In realtà l'ebook è stata una risposta tecnologica a una necessità crescente di una più facile acquisizione di informazioni che potessero essere messe insieme senza limiti di distanze o di accessibilità. Come la macchina è stata una risposta alla necessità di percorrere distanze maggiori in tempi minori e così l'aereo etc etc...

Lo stesso ragionamento si può applicare all'architettura: la modernità nasce da una necessità (sociale e/o personale: Bernini e Borromini sono coetanei, eppure sviluppano dei caratteri completamente diversi) dovuta a una crisi del sistema precedente. Lo stessa divisione di caratteristiche strutturali e formali delle cattedrali romaniche e gotiche è spesso un elenco schematico e periodicamente forzato da una dovuta semplificazione didattica. In realtà gli stessi stati tensionali ideologici all'interno della chiesa e i conseguenti cambiamenti hanno portato a risposte formali e strutturali diverse a seconda dell'esigenza.
Esempio semplicissimo si ha nel momento in cui si passa dalle masse murarie romaniche alle snelle pareti gotiche, che incorporano tecniche moderne e anticipano quello che poi con il concilio di Trento verrà esplicato ai massimi livelli, nella ricerca di un'unità spaziale che nonostante la nostra abituale visione non era una caratteristica delle architetture religiose dei secoli precedenti, che al contrario invece, presentavano spazi divisi (spesso da tramezzi) e articolati in settori spesso non comunicanti.

Ancora più evidente, in quest'ottica, sarebbe l'analisi di quello sviluppo urbanistico post guerra promosso dall'INA CASA che ha dato una fortissima caratterizzazione formale a brani interi di città, fortemente sostenuto da professionisti del calibro di Ridolfi, Quaroni o Aymonino, come risposta (modulare nel suo sviluppo planimentrico ma anche nel disegno dei prospetti) tempestiva al problema della ricostruzione post-bellica.



Questa immagine rappresenta la disposizione planimetrica scelta da Alfredo Lambertucci per un progetto promosso dall'INA - CASA di un quartiere a Ferrara, caratterizzato da volumetrie che si ripetono modularmente.








La stessa logica di ripetizione viene adottata nei prospetti che sono disegnati proprio dal modulo stabilito per i casseri di contenimento del getto di calcestruzzo.








Su questo filone del moderno come stato tensionale che fa della crisi un valore e suscita un'estetica di rottura, potrebbero trovarsi infiniti esempi in ogni campo e in ogni epoca (vedi lezione del prof. Saggio architetture della crisi).





Lascio invece parte di un lavoro realizzato da una mia cara amica grafica, Cristiana D'Agostino, che ha trattato proprio in una serie di immagini la naturale evoluzione tecnologica (ma non necessariamente il superamento) di vari "strumenti" di vita quotidiana.